Quale scegliere tra i libri da premio letterale italiani? Ecco i nostri libri da Premio Strega preferiti!
Il Premio Strega è il premio letterario più prestigioso d’Italia, ed è stato lanciato a Roma nel 1947 dagli scrittori Goffredo e Maria Bellonci, con il contributo di Guido Alberti (produttore del liquore Strega, da cui il premio prende il nome), per rivitalizzare la vita culturale del Paese dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale.
Nel corso dei decenni, i titoli vincitori hanno mirato ad ampliare nel pubblico dei lettori italiani la percezione e la consapevolezza dei cambiamenti in atto nel Paese in termini di economia, cultura e società. Il vincitore viene scelto annualmente tra i libri pubblicati tra il 1 aprile dell’anno precedente e il 31 marzo dell’anno in corso.
In quest’articolo potrai scoprire i migliori libri da Premio Strega. Continua a leggere per conoscere i nostri consigli! Se ti appassiona l’argomento, ti consigliamo di leggere anche i più bei libri scritti da Premi Nobel e i titoli da Premio Pulitzer più famosi! Per rimanere aggiornato invece su tutte le recensioni a tema libri pubblicate, salva il nostro articolo sui consigli di lettura!
1 Due vite | di Emanuele Trevi
Parlando di libri da premio Strega, non possiamo che iniziare dal vincitore di quest’anno: Due vite di Emanuele Trevi. Due vite di Emanuele Trevi ha ricevuto 187 voti e ha festeggiato la vittoria, lasciandosi alle spalle Borgo Sud di Donatella Di Pietrantonio con 135 voti, Il Pane Perduto di Edith Bruck con 123 voti, L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito con 78 voti e Il libro delle case di Andrea Bajani con 66 voti.
Due vite non è solo tra i libri vincitori premio Strega è un libro come nessun altro. È la storia di tre amici. Emanuele Trevi racconta di Rocco Carbone e Pia Pera, due scrittori purtroppo morti troppo giovani. Il Premio Strega 2021 racconta di sconfitte ed euforie, di litigi e gesti indimenticabili, di notti romane; e parla del dolore di perderli. Questo libro è il modo per tenerli vicini, anche se il passare del tempo cerca di allontanarli. Memoria, riflessione, divagazioni e distrazioni sono tutte caratteristiche della scrittura di Trevi, e della sua capacità di trascinare il lettore in un tempo e in un luogo che non pensavamo ci riguardassero così tanto.
Due vite è un libro capace di trasformare l’intimità e la malinconia in letteratura, rendendole universali e avvicinandole alla vita di tutti. È tra i migliori libri scritti da premi Strega; è per gli amanti di una scrittura precisa, esatta, con costruzioni ricercate. Se vogliamo, una scrittura “aristocratica”, come la definisce il protagonista-amico nel libro.
Di questo libro affascina l’incontro con uno stile che è difficile riscontrare altrove. Una prosa poetica, raffinata, in grado di costruire immagini di grande immediatezza e forza espressiva. E poi una grande attenzione alle parole scelte, spesso non comuni, ma proprio per questo più precise ed esatte. Uno di quei libri di cui sottolinei tanti brani, frasi e combinazioni tra parole, verbi e aggettivi, con l’obiettivo di prenderne spunto. Prima o poi.
“Perché noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene”.
Emanuele Trevi è un noto scrittore e critico letterario italiano. Tra i migliori libri scritti dal premio Strega ricordiamo:
- I cani del nulla
- Senza verso. Un’estate a Roma
- Il libro della gioia perpetua
- Qualcosa di scritto
- Sogni e favole
2 La bella estate | di Cesare Pavese
“La vita era una vacanza perpetua in quei giorni. Dovevamo solo uscire di casa e attraversare la strada e diventavamo piuttosto arrabbiati”.
La bella estate di Cesare Pavese è uno dei migliori libri vincitori del premio Strega, e uno dei libri più famosi di sempre. Pubblicato per la prima volta nel 1949, vinse il Premio Strega nel 1950. È la storia del primo amore e della maggiore età di una giovane ragazza. Ambientato nell’estate degli anni ’30 nel nostro paese, il romanzo è uno studio intimo del personaggio sulla perdita dell’innocenza sotto l’influenza di qualcuno verso cui provi ammirazione.
Segue Ginia, una ragazza di 17 anni che viene attratta da Amelia, una modella per artisti che rappresenta il tipo di abbandono che Ginia non si era mai concessa prima. Amelia inizia Ginia al mondo degli artisti dove Ginia incontra Guido. Con circa 100 pagine il romanzo è molto breve, ma la bella prosa lirica di Pavese lo rende un vero piacere da leggere. Emozioni e sensualità si irradiano dalle pagine di questo classico.
L’atmosfera del romanzo attinge pesantemente dall’energia oziosa ma irrequieta dell’estate; un momento in cui la vita sembra contenuta in quei mesi di sole ed esplorazione. Ginia lavora in una sartoria, ma le sue serate e i suoi fine settimana sono incentrati sulla ricerca delle strade, dei caffè e del mondo di Amelia per incontrare la prossima avventura. Amelia porta una sorta di tensione nel mondo di Ginia che rende la ragazza più consapevole della propria inesperienza.
È affascinante leggere la lotta di Ginia contro se stessa per diventare più aperta al mondo. Molte scene evidenziano l’ansia e l’angoscia che prova in situazioni sociali di base, dove si sente un’estranea a causa della consapevolezza della propria innocenza.
Il romanzo di Pavese è tra i più famosi dei libri italiani premiati, straordinariamente leggibile e accogliente, e la scrittura è sicuramente uno dei suoi aspetti più raffinati. Ogni lettore si sentirà incuriosito dal personaggio di Ginia; dalla sua ossessione e dal desiderio di passare all’età adulta.
Altri libri da premio letterale italiani di Cesare Pavese sono:
3 L’isola di Arturo | di Elsa Morante
L’isola di Arturo è un romanzo che racconta il dopoguerra di un ragazzo, di suo padre e del loro mondo isolato e isolano. Arturo è un ragazzino che cresce da solo sull’isola di Procida. Il suo misterioso padre va e viene a suo piacimento. La madre di Arturo è morta durante il parto e, poiché il precedente abitante della loro casa odiava le donne e, secondo la storia, ha lasciato una maledizione sulla struttura in rovina, non sono stati in grado di assumere alcuna donna per cucinare, pulire o allevare Arturo.
Così Arturo trascorre il suo tempo da solo, vagando lungo la spiaggia e leggendo libri sulle glorie dell’avventura e della guerra. Più di ogni altra cosa, Arturo adora suo padre, un uomo freddo, sprezzante e spesso crudele. Quando Arturo ha 14 anni, suo padre porta a casa una giovane sposa, Nunziata, una ragazza semplice di pochi anni più grande di Arturo, cresciuta povera nella vicina Napoli. Poi parte, lasciando insieme Arturo e Nunziata per lunghi periodi di tempo.
Autrice di libri da premio Strega, Elsa Morante è considerata tra le più importanti scrittrici italiana del Novecento, e pubblicò per la prima volta questo romanzo nel 1957, che le valse, appunto, il Premio Strega. È un romanzo magnifico, mozzafiato nella sua acutezza psicologica. Come Don Chisciotte ed Emma Bovary prima di lui, Arturo ha formato la sua visione romantica della vita dai libri.
La sua maturazione – e le delusioni che accompagnano, persino i tradimenti – sono profondamente dolorose. Così sono le complicate relazioni qui raffigurate: tra Arturo e suo padre, Nunziata e suo marito, e Nunziata e Arturo. Ma ci sono anche momenti di straordinaria bellezza. Le prime divagazioni di Arturo sull’isola hanno una qualità soprannaturale, tanto eterea quanto le sezioni successive sono fondate e precise.
Il libro è pieno di intuizioni e di bellezza. Di volta in volta devastante e ultraterreno, il romanzo della Morante è ormai un classico che tutti dovrebbero leggere. Non solo uno dei libri vincitori del premio Strega, ma un romanzo di formazione che racconta l’iniziazione alla vita. Un inizio che si concretizza in una partenza.
Altri libri di quest’autrice premio Strega sono:
4 Il gattopardo | di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Prima di parlarvi di uno dei migliori libri scritti da premi Strega, voglio raccontarvi una storia. Nel 1958 il principe Giuseppe Tomasi de Lampedusa iniziò a scrivere un romanzo sul Risorgimento, che parlava dell’Unità d’Italia. Il palazzo di Lampedusa a Palermo era stato bombardato dagli Alleati durante la seconda guerra mondiale e a quei tempi era un rudere. Sebbene sposato felicemente, Tomasi era anche depresso al pensiero di non lasciare nulla di significativo, quindi decise che era ora di scrivere il libro a cui pensava da anni: un romanzo basato sul suo bisnonno, Don Giulio Fabrizio Tomasi, un principe di Lampedusa.
Quando stava per terminare il libro, Tomasi avvicinò, tramite intermediari, i due più famosi e prestigiosi editori italiani – Mondadori ed Einaudi – per ottenere la stampa del suo romanzo: Il Gattopardo. Entrambe le case editrici rifiutarono il suo lavoro. Prima di dare gli ultimi ritocchi, Lampedusa morì nel 1957 all’età di 61, pensando che il suo romanzo non avrebbe mai visto la luce.
Pur non conoscendo personalmente Lampedusa, Giorgio Bassani, lo scrittore che conosciamo come autore del popolarissimo Giardino dei Finzi-Contini, lesse il suo libro e visto che era anche editor alla Feltrinelli, Bassani persuase i suoi colleghi a pubblicare il romanzo. Il Gattopardo fu molto letto, vinse il Premio Strega nel 1959 e trasformato in un film nel 1963 dal grande regista Luchino Visconti, con attori importanti come Burt Lancaster e Claudia Cardinale. Man mano che i suoi lettori crebbero, fu riconosciuto come uno dei grandi romanzi del XX secolo.
Accentrato quasi interamente intorno a un solo personaggio, il principe Fabrizio Salina, il romanzo, lirico e critico insieme, ci offre un’immagine viva della Sicilia, animata da uno spirito alacre e modernissimo, ampiamente consapevole della problematica storica e politica di quei tempi.
Siamo nell’epoca del tramonto borbonico e una famiglia della più alta aristocrazia isolana viene colta nel momento rivelatore del trapasso di regime, mentre già incalzano i tempi nuovi: dall’anno dell’impresa dei Mille di Garibaldi la storia si prolunga fino ai primordi del Novecento.
Senz’altro tra i libri vincitori premio Strega da leggere.
5 Lessico Famigliare | di Natalia Ginzburg
Famigliare, perché racconta la storia di una famiglia ebraica e antifascista, i Levi, a Torino tra gli anni Trenta e i Cinquanta del Novecento. Lessico perché le strade della memoria passano attraverso il ricordo di frasi, modi di dire, espressioni gergali.
Il romanzo-memoriale di Natalia Ginzburg immerge il lettore in un vortice di barzellette, mimica, frammenti di conversazione ascoltati durante l’infanzia e ripetuti per decenni, editti dei genitori urlati a gran voce e epiteti, modi di dire inventati, giochi di parole, filastrocche e tanto altro ancora.
Spesso, ricorda Ginzburg, la loro madre “recitava poesie o cantava” dopo cena; altre volte, l’intera famiglia Levi “ha avuto accese discussioni su quanto fosse brutto o bello qualcuno”. Questa cacofonia di parole a volte rasenta il suono puro, come quando il padre del narratore “emette un lungo ruggito” sotto la doccia ogni mattina, o quando la sua amica Lola evita le parole per un “grido gutturale e affettuoso di colomba”. Gradualmente, un senso del tempo e del luogo – l’Italia tra gli anni ’20 e ’50 – emerge da questo caos uditivo a malapena controllato, proprio come le esitazioni e le frasi incompiute dei dublinesi di James Joyce rivelano scorci dell’Irlanda di inizio secolo.
Nel suo romanzo, Natalia, figlia di un padre di origine ebrea e di una madre di origine cattolica, non credenti irremovibili e socialisti, cresce come la più giovane di cinque fratelli durante l’ascesa al potere di Mussolini. La scena è Torino, sede di un movimento di resistenza antifascista in cui la famiglia di Ginzburg è sempre più coinvolta. La giovane Natalia Levi sposa Leone Ginzburg, letterato ebreo italo-russo attivo nella resistenza, che verrà ucciso in una prigione nazista prima della fine della guerra, lasciando la vedova e i tre figli per tornare, infine, a casa dei suoi genitori.
Lessico Famigliare è tra i migliori libri scritti da premi Strega, ma non racconta tanto la storia dell’antifascismo familiare, ma è più intento a immergerci in un mondo linguistico di dialetto (triestino e milanese), memoria della stessa infanzia della Ginzburg, inestricabile dai racconti dell’infanzia dei suoi genitori.
Un altro elemento sempre presente è il conflitto: quando i Levis non litigano sulla relativa bruttezza dei loro amici, hanno
“dibattiti feroci sulla politica, che si sono conclusi con scoppi d’ira, tovaglioli lanciati in aria e porte sbattute così forte che l’intero appartamento ha tremato”.
E nell’ambiente di sinistra del romanzo, dove i personaggi si accusano a vicenda di essere “borghesi”.
6 Il nome della rosa | di Umberto Eco
Immagina un castello medievale gestito dai benedettini, con cantinieri, erboristi, giardinieri, bibliotecari, giovani novizi. Uno dopo l’altro, alcuni di questi monaci vengono trovati assassinati nei modi più bizzarri. Un dotto francescano inviato a risolvere il mistero si ritrova coinvolto negli spaventosi eventi all’interno dell’abbazia. Immagina anche che verso la fine della narrazione si scopre che tutti quegli orribili crimini sono stati commessi per ragioni altamente etiche e culturali.
A questo punto basta sapere che Umberto Eco ha scritto un romanzo – il suo primo – e che è diventato un evento letterario in Europa. Nella classifica dei best seller praticamente ovunque, oltre a vincere il premio Strega, il libro ha vinto anche il Prix Medici in Francia.
Umberto Eco è considerato uno dei più importanti studiosi della semiotica, quell’elegante ricerca del significato dei segni nel linguaggio. La sua idea di cultura è di un canale di scambio interdisciplinare, piuttosto che un fornitore di certezze.
Ma torniamo al romanzo, che è anche uno dei migliori libri scritti da premi Strega, “Il nome della rosa” è ambientato nel XIV secolo e alla base di tutto c’è un mistero, basato sulla determinazione di raggiungere una verità inconfutabile, anche se parziale: chi è l’assassino e quali sono i suoi motivi? E quali segni aiuteranno a svelare il mistero?
Nel romanzo, Guglielmo da Baskerville, il protagonista, è chiamato a indagare su un delitto in un’abbazia benedettina. Come Sherlock Holmes, William viene dall’Inghilterra – non da Scotland Yard, però, ma dalla scuola filosofica di Roger Bacon e William di Occam, i fondatori dell’empirismo cognitivo, una filosofia basata sull’esatto esame di prove reali rivelate dai sensi, e quindi uno strumento perfetto per svelare un mistero. È a questi uomini che si riferisce costantemente il nostro dotto e ironico monaco-investigatore.
La storia è narrata da Adso, un giovane novizio che prova una grande ammirazione per William. Adso parla in nome di una fede che William ha probabilmente perso.
La passione per la conoscenza deriva dalla perdita della fede? O, in termini odierni: la semiotica deriva dalla perdita di certezza nella verità incrollabile?
Lo stesso assassino ci dà una risposta quando finalmente confessa le ragioni dei suoi crimini. Le sue motivazioni riguardano un problema poetico e filosofico, che però non posso svelare senza essere ingiusto nei confronti del lettore. Basti dire che tra Guglielmo di Baskerville e l’assassino si sviluppano feroci discussioni teologiche.
L’impulso narrativo che comanda la storia è irresistibile. Non è un’impresa da poco per un libro in cui molte pagine descrivono concili ecclesiastici o dibattiti teologici, e molte altre analizzano in dettaglio le posizioni delle potenze europee riguardo alla riforma dell’Ordine francescano. Frequenti sono anche le citazioni in latino classico e medievale.
Dopotutto, per un semiologo come Umberto Eco, la ricerca della verità dietro un mistero di omicidio implica anche la ricerca del significato in parole, simboli, idee e ogni segno concepibile che l’universo visibile contiene.